Ballon, flûte, coppa…e la lista continuerebbe. I bicchieri da vino sono quasi infiniti, e già chiamandoli “bicchieri” ai puristi del settore viene la pelle d’oca. Perché ogni vino, quando si tratta di un vino di qualità – per il quale magari si sono spesi tanti soldini – deve essere degustato utilizzando il calice più adatto.
Questa teoria, che oggigiorno è diventata un assioma che nessuno si sognerebbe di mettere in discussione, è stata elaborata dall’austriaco Claus Riedel – proprietario dell’omonima omonima azienda produttrice di calici – che alla fine degli anni 50 del Novecento studiò e comprese l’importanza della forma del bicchiere da vino, al fine di esaltarne le caratteristiche visive, olfattive e gustative.

Prima di tale studio, la storia del bicchiere da vino era già lunga e variegata quasi quanto la storia del vino stesso. Si parte da molto lontano, dagli Egizi che utilizzavano corni scavati, passando dai Fenici inventori del vetro, ai Veneziani che, nel XV secolo con la lavorazione del vetro a Murano, introdussero un primordiale calice che dominò nelle corti Europee per quasi due secoli, fino ai giorni nostri con i calici in cristallo di Boemia.
Il calice da vino, a differenza degli altri bicchieri, è composto da tre parti: il calice, dove si versa il vino, è la parte superiore; lo stelo, posto sotto il calice, corrisponde all’impugnatura – piccola nota: evitare quanto più possibile di impugnare il bicchiere dal calice, onde evitare di scaldare troppo il vino con la mano e di lasciare le poco estetiche impronte.. 😉 – ed il piede, che serve da appoggio.
La forma del calice, dunque, dipende dal tipo di vino che si sta bevendo.
Bianco, rosso, rosato, bollicine, liquoroso: questa è la prima grande classificazione a partire dalla quale si indirizza la scelta del nostro bicchiere.

Il calice per i vini rossi, comunemente chiamato ballon, ha una forma panciuta allungata verso l’alto e un’apertura larga, in modo da valorizzare l’intensità degli aromi e, agitando il bicchiere, diffonderne il bouquet. Quanto più l’aroma del vino è complesso, tanto più ampio deve essere il diametro del calice.
Alcuni esempi di calici da vino rosso:
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Il calice per i vini bianchi e rosati è più corto e leggermente allargato sotto, con un’imboccatura non troppo larga dal momento che i vini bianchi raramente si fanno arieggiare. Per i vini bianchi, che solitamente si servono ad una temperatura di 8-10°C, vale il consiglio di tenere il bicchiere dallo stelo, in modo da non scaldare il vino dentro al calice.
Alcuni esempi di calici da vino bianco:
Per le bollicine (champagne, spumante o prosecco), lo stelo deve essere lungo ed il calice leggermente slanciato. Un calice a tulipano o flûte sono ideali e servono a non far disperdere la schiuma del vino ed a enfatizzare il perlage.
Alcuni esempi di calici da bollicine:
Per i vini liquorosi (Marsala, Sherry, Porto o Madeira), si usa un bicchiere di dimensioni più contenute rispetto ai precedenti, con un diametro ridotto ma con l’imboccatura rivolta verso l’esterno, in modo da convogliare il liquido sulla punta della lingua, più sensibile alla dolcezza, e contribuire maggiormente al suo equilibrio.

Un’altra caratteristica fondamentale per un calice da vino è il colore, che deve essere trasparente in ogni sua parte. La prima impressione che riceviamo da un vino è quella visiva e non devono esserci parti colorate ad alterare la nostra valutazione.
Se si vuole gustare un vino apprezzandone ogni sua componente, è davvero consigliabile scegliere il calice adeguato.
La scelta del calice, dunque, è importante come quella del vino.

Senza dimenticare l’altro fattore determinante per godersi un buon vino…la compagnia!