Se fossimo alla ricerca di un “personaggio” – sui generis – con una storia perfetta da raccontare, il vino Marsala sarebbe il protagonista perfetto di un best seller mondiale, tale e tanta è la fama che ha raggiunto nei quattro angoli del pianeta.
Siamo al cospetto di un’istituzione, una bandiera, un pezzo di storia d’Italia, un simbolo che nasce molto tempo fa ma che molto ha ancora da raccontare.
È questa la storia di un vino che sembra comparire con l’arrivo degli inglesi sul finire del diciottesimo secolo, ma in realtà esisteva già da molto tempo.
La sua nascita “ufficiale” avviene nel 1773, quando il mercante inglese John Woodhouse ebbe la fortunata idea di mescolare il vino locale del tempo, il perpetuum, con l’acquavite per poterlo conservare fino al suo arrivo in terra inglese. La sua era una prova, il tentativo di un commerciante lungimirante per vedere se questo sconosciuto vino siciliano avrebbe incontrato i palati della nobiltà al pari degli allora più famosi Porto, Madera e lo Jerez-Sherry.
E piacque al punto che il vino Marsala divenne la bevanda ufficiale nella flotta dell’Ammiraglio Nelson. A questo punto le strade si spalancarono ed in poco tempo Marsala si trasformò nella nuova Mecca per i mercanti inglesi, che vi arrivarono numerosi fondando varie cantine.
Ma non solo. Naturalmente un commercio dalle potenzialità così ampie doveva essere supportato da un porto adeguato, dove le imbarcazioni potevano fermarsi e gli equipaggi trovare ristoro. Ovviamente gli inglesi intuirono questa necessità ed investirono molto per il suo ampliamento.
Ed è proprio in questa fase del suo sviluppo commerciale che la storia del vino Marsala si interseca con quella d’Italia. Grazie alle numerose barche inglesi che stazionavano nel porto ed ai relativi magazzini di stoccaggio, Garibaldi poté sbarcare con i suoi Mille e dare inizio a quella risalita dello stivale che si concluse poi con l’unità nazionale.
Egli approfittò infatti di un accordo tra gli inglesi ed i borbonici di stanza a Marsala, pronti a difendersi ed a bombardare i vascelli garibaldini; un’azione, questa, che venne fatalmente posticipata per dare modo ai mercanti inglesi di salpare con le loro navi e non essere così distrutte, ma che al tempo stesso diede a Garibaldi il tempo di sbarcare con i suoi uomini, protetto dalle imbarcazioni inglesi.
Si arriva quindi alle prime decadi del Novecento, quando la storia del Marsala vive uno dei suoi capitoli più bui. La fama ottenuta negli anni precedenti da questo vino ingolosì una schiera di truffatori che decisero di sfruttarla a loro vantaggio, producendo una serie di vini scadenti a bassissima qualità, spacciandoli invece per ottimi Marsala.
Una truffa che alla fine danneggiò i produttori onesti, i quali già all’inizio degli anni 30 diedero vita ad uno statuto che proteggesse loro ed il loro prodotto dalle imitazioni. A questo primo tentativo fece seguito, anni dopo e precisamente nel 1969, il riconoscimento del vino Marsala come prima DOC in Italia (se vuoi saperne di più sulle Denominazioni di Origine ed il loro significato, clicca qui per leggere il nostro articolo), un premio per il lavoro, costante ma silenzioso, di tutti i produttori della zona.
Ma chiudiamo il libro di storia ed apriamo quello di enologia, per parlare un po’ di questo vino dal punto di vista del vitivinicoltore, il coprotagonista del nostro romanzo.
Il vino Marsala può essere prodotto nella sola provincia di Trapani (sono esclusi i comuni di Pantelleria, Favignana ed Alcamo) e con uve provenienti da questa zona.
I vitigni ammessi dal disciplinare sono Grillo, Catarratto, Inzolia, Damaschino per le versioni oro ed ambra, mentre Pignatello, Nero d’Avola e Nerello Mascalese sono utilizzate nella versione rubino.
Uno degli elementi che rende il Marsala così profondamente legato al suo territorio è costituito dalla provenienza delle sue uve: quelli sopracitate sono tutti vitigni autoctoni o comunque presenti in Sicilia da tempi antichissimi (per esempio il Damaschino sembrerebbe arrivare dalla zona di Damasco), e costituiscono quindi uno di quei rari legami inscindibili tra una terra ed il suo prodotto.
Il Marsala, oltre alle versioni oro, ambra e rubino, dove la differenza è dovuta al tipo di uva utilizzato, può essere classificato anche come dolce, semisecco e secco, dove il fattore determinante è il residuo zuccherino nel vino. Inoltre, a seconda di come viene prodotto, il Marsala si può dire Vergine o Conciato.
Il Marsala Vergine è fatto con le sole uve bianche alle quali viene aggiunta l’acquavite dopo la fermentazione; a seconda dell’invecchiamento possiamo trovare il Marsala Vergine o il Marsala Vergine Riserva entrambi prodotti seguendo quel metodo soleras già utilizzato per un altro vino fortificato come lo Sherry.
La seconda tipologia è il Marsala Conciato, ed in questo caso alle uve dopo la fermentazione vengono aggiunti l’etanolo, il mosto cotto e la “mistella”, una miscela di mosto di uva tardiva e di mosto concentrato. Anche in questo caso, a seconda dell’invecchiamento, potremo trovare il Marsala nelle categorie fine, superiore o superiore riserva.
Al di fuori della Denominazione, si sta sviluppando un movimento di vignaioli intenzionati a riportare sulle tavole degli italiani il Marsala in versione “pre-british”, vale a dire come veniva fatto dai contadini nei periodi antecedenti alla comparsa di John Woodhouse a Marsala.
È questo il classico esempio di come il ritorno alle vecchie tradizioni sia utile per catapultare un vino nel futuro; il caso del Marsala “pre-british” è significativo è può essere di esempio per tante realtà che desiderano, oltre a fare un eccellente vino, veicolare questo messaggio attraverso il proprio prodotto.
CANTINE
Tra i principali produttori della zona come non segnalare le Marco De Bartoli, una vera e propria istituzione di questo vino.
Quando un giovane Marco ereditò dalla nonna la tenuta di famiglia, in contrada Samperi, si impegnò enormemente per condurre l’azienda con la stessa passione con cui si divertiva e diverte tutt’ora con le auto d’epoca: senza compromessi.
Rinunciò a produrre il Marsala come avevano iniziato a farlo gli inglesi, con l’aggiunta di alcol per fortificare, e tornando all’antico metodo locale: quello che avrebbe necessitato di frutti atti a raggiungere almeno quindici gradi alcolici (da lì l’uva grillo energicamente contenuta nelle rese per ettaro) e legato al ripristino del metodo perpetuo (equivalente al metodo “solera”), che vuole il vino sistematicamente rabboccato con l’aggiunta, di anno in anno, dell’annata nuova a quelle più mature.
Nasce così l’etichetta forse più rappresentativa di De Bartoli e probabilmente quella grazie alla quale il territorio di Marsala sta tornando ai fasti di un tempo: il Vecchio Samperi.
Oltre alla cantina a Samperi, De Bartoli ne possiede anche una a Pantelleria, entrambe visitabili (info a questo link).
Un’altra azienda storica del Marsala è quella di Antonino “Nino” Barraco.
Nino Barraco è uno di quei produttori con le idee chiare, al punto che appena iniziata l’attività di vignaiolo, circa quindici anni fa, ha stilato i tre capisaldi che avrebbero indicato la via della sua azienda: vitigni autoctoni, no legno, no blend. Queste tre “regole” hanno permesso a Nino Barraco di presentare sempre dei vini identitari e con un loro specifico carattere, con interventi minimi in tutte le fasi della coltivazione e della vinificazione.
Nei quindici ettari di proprietà, situati nei dintorni di Marsala, le vigne sono coltivate a Catarratto, Grillo, Zibibbo, Pignatello e Nero d’Avola, le classiche varietà che storicamente caratterizzano la zona nord ovest della Sicilia. Gli affinamenti avvengono in acciaio per mantenere franco il carattere di ciascun varietale e l’imbottigliamento è senza filtrazione, chiarifica o stabilizzazione.
Un’altra cantina attiva da molto tempo, e per la precisione il 1860, è l’Azienda Agricola Rallo.
Diego Rallo, il fondatore, inizia proprio in quell’anno la produzione di Marsala e da allora l’azienda non ha mai smesso di produrre questo vino.
Un esempio di longevità enoica che testimonia una caparbietà sfociata in vini premiati dalle guide più famose e nei concorsi in giro per il mondo.
Una visita alle cantine storiche situate in riva al mare e una degustazione dei loro vini (Marsala in primis), è un dovere per gli amanti di questa terra.
Quella del Marsala è una di quelle storie che hanno radici lontane nel passato e profonde nel terreno siciliano. Una storia legata al suo territorio ed al suo prodotto per antonomasia, dove il protagonista attraversa gli anni senza portare alcuna traccia della sua età, perché il Marsala è un vino fatto per invecchiare, ma che non è per nulla vecchio.