Quando si parla del vino di qualità argentino, si parla di un mondo in evoluzione, di un movimento creato da viticoltori – perlopiù americani ed europei – che hanno notato e creduto nelle potenzialità di quel territorio decidendo di produrre vini di alta qualità.
Fino ad una quindicina di anni fa, l’Argentina era una grande produttrice di vino dove la maggior parte di quello prodotto era destinato all’uso interno. Gli sforzi però erano concentrati maggiormente sulla quantità piuttosto che la qualità e questo atteggiamento ha avuto ripercussioni negative al punto che i primi viticoltori lungimiranti sono arrivati solo a partire dalla fine del 1900.
Questi pionieri sono stati attratti soprattutto dalle condizioni climatiche e dalla geografia argentina.
Le Ande proteggono dall’aria umida che arriva dal Pacifico e, grazie alle nevicate invernali, riforniscono di acqua durante il disgelo. Acque che vengono canalizzate attraverso un complesso sistema di irrigazione creato dall’uomo, permettendo la coltivazione della vite anche in zone aride. Inoltre ai piedi delle Ande e nelle relative vallate sono situate le maggiori regioni vinicole, con vigneti che raggiungono altitudini tra i 500 e 1500 m slm.
Se la geografia aiuta, anche il clima non è da meno: molto sole e poca pioggia con escursioni termiche tra la notte ed il giorno considerevoli. Queste condizioni di clima secco impediscono la formazione delle classiche patologie causate dall’umidità e sono dunque molto favorevoli per una crescita sana dalla vite e del suo frutto.
Un altro aspetto da non sottovalutare è l’assenza della fillossera; in Argentina, come in Cile, questo temibile insetto non è mai giunto e si possono incontrare vitigni vecchi anche tra gli 80 ed i 100 anni, fatto impossibile da riscontrare in Europa (ad eccezione delle Canarie).
La coltivazione della vite e la produzione di vino iniziano con lo sbarco dei primi colonizzatori spagnoli intorno al XVI secolo.
Ma è con l’arrivo del grande flusso di emigranti italiani, francesi e spagnoli a partire dal XIX secolo che in Argentina si registra il primo vero passo verso un’enologia sul modello europeo.
I vitigni più diffusi sono di origine internazionale, vista la carenza di vitigni autoctoni. Per la maggior parte a bacca rossa, il più coltivato è il Malbec, vitigno bordolese che qui si esprime con toni e qualità diverse rispetto al gemello coltivato in Francia; seguono il Cabernet Sauvignon ed il Syrah, anche loro internazionali di origine francese. Una discreta produzione arriva anche dal Barbera, vitigno italiano importato ad inizio ‘900.
Tra i vitigni a bacca bianca, sono da segnalare lo Chenin blanc, di origine francese, così come lo Chardonnay ed il Semillon, che ultimamente stanno dando ottimi risultati nelle regioni vinicole di Rio Negro e Valle de Uco.
Per concludere questa breve panoramica, l’Argentina inizia in questi anni ad affacciarsi sul mondo dei vini di qualità. Molte regioni vinicole si stanno convertendo a produzioni più limitate come quantità ma con un elevato tasso qualitativo, grazie all’arrivo di esperti enologi che hanno introdotto anche il concetto del costante lavoro in vigna. Per farsi un’idea di questa nuova tendenza, si può visitare il sito di Bodega Noemia che si sta impegnando a promuovere, non solo localmente, il vino di qualità argentino.
Un movimento che è una promessa, con tutte le carte in regola per essere mantenuta.
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