Il vino è, volente o nolente, storia. Specialmente in Europa, questo prodotto ha una storia millenaria di cui si deve tener conto. Ma deve essere il punto di partenza per costruire il futuro.
A Monemvasia si sono resi conto di questo aspetto del vino. Non in molti, a dire il vero, ma spesso bastano pochi o anche solo uno per dare inizio ad un movimento capace col tempo di dare vita ad un reale cambiamento.
Il caso in questione è costituito da Giorgios Tsibidis, il proprietario di Monemvasia Winery, la più grande realtà vitivinicola della Laconia (la regione in cui si trova Monemvasia) nonché destinataria del premio come miglior giovane azienda del Peloponneso.

Giovane perché l’anno in cui Tsibidis ha fondato Monemvasia Winery era il 1997 e la vitivinicoltura nell’area era, metaforicamente parlando, su un binario morto.
In quel periodo la situazione era dominata da piccoli produttori che producevano per sé, per non parlare di una conoscenza delle varietà coltivate e dei metodi di coltivazione piuttosto lacunosa.
Tsibidis, che arrivava da tutt’altro campo, nota e capisce che nonostante il contesto non sia dei migliori, le potenzialità di crescita non mancano e decide di dare il suo contributo alla rinascita del vino di Monemvasia, conosciuto nel mondo come Malvasia.
Della storia del vino Malvasia ne abbiamo parlato nel nostro articolo su Monemvasia, ed è una storia ricca ed importante, il cui protagonista, nato qualche millennio fa, aveva un gran bisogno di essere tirato fuori dal dimenticatoio, dandogli una bella rispolverata ed una veste idonea al terzo millennio.

Dunque, a fine anni ‘90 Tsibidis crea la sua cantina e contemporaneamente inizia un lavoro di studio e ricerca sul campo, avvalendosi della collaborazione di enti privati e delle Università di Atene e Salonicco, al fine di riportare alla luce in primis le uve con cui gli antichi producevano il Malvasia, e successivamente ricreare questo mitico vino.
Iniziano così gli anni della sperimentazione dei vitigni, come risultato delle ricerche effettuate; un lavoro duro e soprattutto lungo, che però dà i suoi primi risultati nel 2010, quando il vino Monemvasia-Malvasia ottiene il riconoscimento della PDO (l’equivalente della nostra DOC).
Nove anni fa, dunque, rinasceva ufficialmente quello che per vari secoli è stato il vino più apprezzato del Mediterraneo, amato com’era dai Veneziani e, soprattutto, dai francesi.
Una rinascita che in George Tsibidis ha avuto un padre convinto e direttamente coinvolto, impegnato in prima fila nell’ottenimento di questo prestigioso risultato.
Il vino Monemvasia-Malvasia prodotto dalla sua cantina è ciò che più si avvicina a quello che secoli orsono ha fatto innamorare mezza Europa, ed è destinato a ripetere questi successi.

Un mix di quattro varietà, ovviamente tutte rigorosamente autoctone: kydonitsa, asproudi, monemvasia e asyrtiko sono i vitigni che le sopracitate ricerche hanno stabilito essere quelli principali da cui si otteneva il vino dolce più amato di sempre.
Quattro tipi diversi di uve ognuna con una propria forte personalità e ciascuna in grado di apportare il proprio contributo alla “costruzione” del vino; l’appassimento per 8-12 giorni all’aperto è il procedimento necessario per ottenere la dolcezza che, al palato, non risulta aggressiva nè tantomeno stucchevole.
Il colore è ambrato, un marrone dorato brillante dovuto anche ai due anni di affinamento nelle barrique di rovere. Il grado alcolico è contenuto, intorno ai 13º, il che lo rende particolarmente piacevole sia da meditazione che accompagnato a qualche pietanza.
Bere il Monemvasia-Malvasia di Tsibidis è un ritorno alle origini, bevendolo si hanno sensazioni particolari che in alcuni momenti trascendono quelle organolettiche, specialmente se si è a conoscenza delle sue gloriose e travagliate vicende, si ha l’impressione di bere un vino del passato proiettato nel futuro.
Le quattro varietà che danno vita al Monemvasia-Malvasia, vengono anche vinificate singolarmente per creare altrettanti vini, a dimostrazione della bontà e della qualità delle uve in questione.
Kydonitsa, Monemvasia, Asproudi e Asyrtiko sono quattro vini bianchi secchi accomunati da sentori citrici che donano freschezza al palato, pur mantenendo ognuno di essi caratteristiche aromatiche diverse: frutti tropicali per il Kydonitsa, frutti maturi come pera ed albicocca per il Monemvasia, più “vinoso” l’Asproudi, mentre l’Asyrtiko è quello in cui le note agrumate sono quelle preponderanti.
Ma gli sforzi e le energie profuse da Tsibidis hanno coinvolto anche altri vitigni, soprattutto a bacca rossa, la sua autentica passione.
Ed è così che nei 30 ettari – equivalenti a 300 stremata greche – di proprietà trovano dimora anche varietà che non sono propriamente originarie della zona (anche se in Grecia studi ampelografici sono ancora in atto per determinare la provenienza dei vitigni) come l’agiorgitiko, il limniona il mavrodaphne o il mavraki.
Nascono così vini come il 300 (versione rossa), un blend di agiorgitiko e mavraki, in cui la simbiosi tra queste due varietà è forte e complementare come lo erano i mitici 300 spartani guidati Re Leonida; vino di corpo, adatto all’invecchiamento dopo i suoi 18 mesi in barrique. Come il Mura Rossa, blend di limniona e agiorgitiko, dove il primo, originario della Tessaglia, regione del centro-nord greco, rappresenta un’autentica scommessa viste le differenze climatiche con il Peloponneso meridionale. Come il terzo rosso in cui è presente l’agiorgitiko, il Monemvasios, in questo caso assemblato con il mavroudi, quest’ultimo utilizzato per dare colore al vino (mavro significa nero ed è un riferimento alla sua buccia scura) e per bilanciare la potenza espressiva dell’agiorgitiko, dando come risultato un vino vellutato, con note di caffè ed un leggerissimo amarognolo sul finale.
Facendo un piccolo passo indietro, completano la gamma dei bianchi il 300 (versione bianca), blend di kydonitsa ed asyrtiko che rispecchia lo stesso spirito del fratello rosso, dando origine ad un vino con un buon corpo ma piacevole, equilibrato dalle già citate note citriche e da profumi di fiori bianchi ed albicocche, e l’Akra Minoa, blend di malagouzia, monemvasia e asproudi, dove il bouquet floreale acquista notevole complessità grazie al malagouzia.
A coronare la produzione troviamo i due vini semi-dolci, uno bianco e l’altro rosato, Anthosmias, ambedue caratterizzati da profumi di fiori (smias in greco significa bouquet) e notevolmente piacevoli, ideali per un aperitivo estivo.

Com’è facile da capire dopo una degustazione di questi vini, in 22 anni di vita Tsibidis e la sua Monemvasia Winery hanno lavorato molto e bene, sotto tanti aspetti: ricerca, sperimentazione, qualità in vigna ed in cantina.
Questa “gioventù” si ritrova nell’entusiasmo che anima le persone che lavorano nella cantina; tutti, ma proprio tutti, nutrono per il futuro grandi speranze ed aspettative, ed il primo grande passo in tale senso, dopo il recente restyling delle etichette e del logo (a dx), è la costruzione di una nuova sede, in sostituzione di quella attuale, che entrerà a pieno regime all’inizio del 2020.
Speranze fondate da persone motivate, impegnate a far tornare la Grecia un luogo dove si respira vino e si beve vino di qualità. Le prospettive sono ottime, ma così come per fare un buon vino serve una buona uva, anche per fare un ottimo futuro serve un altrettanto ottimo presente.
E il presente, da queste parti, profuma di vino.

VISITE E DEGUSTAZIONI
Monemvasia Winery è aperta tutto l’anno, le visite si effettuano in cantina e, su richiesta, anche nel vigneto; è necessaria la prenotazione attraverso l’email monica@malvasiawines.gr almeno 24h prima della visita.
Il tour e la degustazione dei vini sono effettuate anche in italiano, ma è da specificare nell’email di prenotazione, così come la tipologia di degustazione.
Il costo è di 10€ per la degustazione di 6 vini e di 15€ se si preferisce abbinarla ad un tagliere di specialità locali.