SASSOTONDO: IL TUFO, IL VULCANO E I “CRU” DI UN VIGNETO

di Cristian
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Una cantina “vulcanica” all’interno di un territorio vulcanico. Non poteva essere altrimenti.

Il territorio vulcanico di cui stiamo parlando corrisponde al comprensorio del lago di Bolsena, creatosi millenni orsono dal collassamento della caldera di un vulcano. La cantina è Sassotondo, nata dalla voglia di Carla, originaria del Trentino, ed Edoardo, romano, di vivere a contatto con la natura e di dare libero sfogo alla loro comune passione per il vino.

A dire il vero, il lago di Bolsena dista dalla cantina vari chilometri, ma le eruzioni vulcaniche che hanno caratterizzato quest’area sono state così intense da arrivare a coprire una zona molto vasta, che va dall’alto Lazio (provincia di Viterbo, dove si trova il lago) alla bassa Toscana (provincia di Grosseto).

Sassotondo infatti si trova a cavallo tra i comuni di Sorano e Pitigliano, in provincia di Grosseto. Siamo a tutti gli effetti ancora all’interno dell’area interessata dalle eruzioni, motivo per cui i vini di Sassotondo possono fregiarsi della nomenclatura volcanic wines.

Carla ed Edoardo arrivano in questa parte di Toscana nel 1990, entrambi spinti lontano dalla città e desiderosi di nuove sfide in campagna; Carla è agronoma e Edoardo cameraman, e iniziano lentamente la loro vita in questo angolo di paradiso, un ettaro di vigneto e tanti sogni nella testa, primo tra tutti incrementare le vigne all’interno dei circa 72 ettari a disposizione.

La prima svolta arriva nel 1994, con la certificazione come azienda biologica, e successivamente nel 1997, con l’ultimazione della nuova cantina scavata nel tufo e la prima di una lunga serie di vendemmie, tutte condotte l’uno al fianco dell’altra.

Quello che contraddistingue il lavoro di Carla ed Edoardo è l’approccio che hanno nei confronti del vino e di tutto quello che gli ruota intorno, una sorta di anticonformismo enoico che li porta ad imboccare strade che per altri sarebbero troppo rischiose, ma che per loro invece sono come linfa vitale.

Probabilmente il temperamento vulcanico è innato in entrambi, e questa terra altrettanto vulcanica e carica di energia non ha fatto altro che liberare quello che ribolliva sottopelle, portandoli, tra l’altro, a scoprire aspetti del territorio che sono risultati decisamente sorprendenti.

Se volessimo riassumere la loro filosofia in un motto, questo potrebbe essere “il terreno è il protagonista”. Quello che si nasconde sotto la superficie è un patrimonio che non deve essere perduto né danneggiato e, anzi, va conosciuto e compreso al meglio, per essere consapevoli di cosa le radici di una vite trovano quando iniziano a scavare nel sottosuolo. 

In quest’area che millenni fa è stata interessata dalle eruzioni l’elemento principale è il tufo, la più comune roccia sedimentaria di origine vulcanica. Qui tutto è tufo: le case, le cantine scavate nel sottosuolo, i terreni su cui sorgono le vigne.

La cantina di Sassotondo, dove riposano i vini, è stata interamente scavata a mano nel tufo nel 1934 dai contadini di quei tempi, già intenzionati a farla diventare il luogo dove sistemare le botti per il proprio vino.

È un’opera architettonica che merita una visita, sorprende e lascia senza parole, soprattutto perché frutto del lavoro manuale di molte persone, al punto da essere ancora chiaramente riconoscibili i segni dello scalpello lasciati sui muri e sul soffitto. 

Ristrutturata da Edoardo e Carla nel 1997, ora è il rifugio in cui si trovano contenitori in acciaio, giare in terracotta di Impruneta e botti di legno di varie dimensioni di cui alcune nell’ultima stanza, nella parte più profonda della cantina, raggiungibile dopo un lungo corridoio anch’esso scavato nel tufo.

I vigneti occupano una superficie pari a 12 ettari, di cui circa 9 a bacca rossa ed i restanti a bacca bianca; tra le varietà rosse troviamo il “re” di Sassotondo, il Ciliegiolo, seguito dal Sangiovese, il Teroldego (in onore alle origini trentine di Carla) ed il Merlot, mentre tra quelle a bacca bianca Trebbiano, Greco e Sauvignon.

Vitigni che crescono su un terreno principalmente tufaceo ma con caratteristiche diverse da zona a zona; proprio per questa caratteristica l’enologo dell’azienda, Attilio Pagli, nel 2017 propone la collaborazione con Pedro Parra, cileno e grande esperto di terroir (ha conseguito un Dottorato di ricerca in terroir viticoles a Parigi), conosciuto a livello mondiale e con varie e prestigiose collaborazioni alle spalle, tra cui cantine francesi, argentine, californiane ed armene.

Parra inizia a scavare buche all’interno dei vigneti tra i filari, utili a comprendere la conformazione del terreno e procedere con la micro-zonazione, ovvero disegnare una mappa che suddivida la vigna in zone – che in Francia chiameremmo cru -proprio come sono soliti fare i viticoltori della Borgogna.

Il vigneto sottoposto a questa attività è stato il San Lorenzo, situato sul crinale della collina che guarda Pitigliano; il lavoro è stato lungo e faticoso, richiedendo impegno e costanza, ma dopo due anni di studi e lavoro sul campo le mappe di Pedro erano pronte. 

Nel vigneto, interamente allevato a Ciliegiolo, hanno visto la luce i primi cru, che negli anni seguenti avrebbero dato vita a etichette capaci di esprimere la vitalità e le caratteristiche del terreno su cui crescono le viti.

Sono così nate le etichette Poggio Pinzo e Monte Calvo, corrispondenti ai primi due poligoni creati, vendemmiati e vinificati separatamente per comprendere le potenzialità del Ciliegiolo attraverso l’impiego di tecniche di vinificazione più diverse e la ricerca sulla potenzialità dei suoli vulcanici.

La degustazione a cui abbiamo preso parte, condotta prima da Edoardo e poi da Carla, è stata una delle più complete ed entusiasmanti a cui abbiamo partecipato, grazie alla profonda conoscenza della materia da parte di entrambi ed alla varietà di vini coinvolti, praticamente l’intera gamma.

Abbiamo potuto così sentire come un vitigno si possa esprimere in modo peculiare a seconda di dove cresce, e, una volta di più, abbiamo potuto notare quanto importante sia l’approccio e l’atteggiamento umano quando si tratta di fare il vino, che nel caso di Sassotondo, è virtuoso e per certi versi coraggioso.

LA DEGUSTAZIONE

Un assaggio che ha spaziato e sondato tutte le varietà coltivate nelle vigne di Sassotondo. Scoprire e gioire di quanto l’essere umano sia capace ad interpretare e tradurre in vino ciò che la natura crea sotto forma di uva.

ISOLINA – BIANCO DI PITIGLIANO SUPERIORE DOC. Vendemmia 2019, da uve Trebbiano 55%, Sauvignon 35%, Greco 10%. Vino sapido e minerale, con note di salvia e  pomodoro verde.

ROSATO – MAREMMA TOSCANA DOC. Vendemmia 2019, da uve Ciliegiolo e Sangiovese. Vino fresco e acido, ben bilanciato da un grado alcolico importante (14).

CILIEGIOLO – MAREMMA TOSCANA DOC. Vendemmia 2019, da Ciliegiolo in purezza. Le vigne sono quelle più giovani, ma i profumi sono speziati (pepe) ed in bocca caldo e morbido.

OMBRA BLU – SOVANA ROSSO SUPERIORE DOC. Vendemmia 2017, da uve Sangiovese 55%, merlot 18%, teroldego 20%, ciliegiolo 7%. Il “supertuscan” di Sassotondo, affina un anno in legno e 6 mesi in bottiglia, profumi di frutti di bosco ma anche pepe e cioccolato, in bocca è morbido e avvolgente e con tannini dolci.

FRANZE – TOSCANA IGT. Vendemmia 2017, da uve Ciliegiolo 65%, Teroldego 35%. Un blend coraggioso in cui Toscana e Trentino si incontrano nel calice; affinamento di  18-24 mesi in legno, al naso confettura di amarene e cannella, in bocca caldo e persistente.

SAN LORENZO – CILIEGIOLO MAREMMA TOSCANA DOC. Vendemmia 2015, da Ciliegiolo in purezza. Dal vigneto San Lorenzo, il primo dei tre che include una selezione delle migliori uve da viti di almeno 60  anni; affinamento di 30 mesi in legno, naso di ciliegia in confettura e chiodi di garofano, bocca morbida e calda, l’alcol c’è (14,5) ma non è fastidioso.

MONTE CALVO – MAREMMA TOSCANA DOC. Vendemmia 2018, da Ciliegiolo in purezza (cru all’interno del vigneto San Lorenzo). Etichetta nata dalla microzonazione del vigneto San Lorenzo, un anno in botte e poi bottiglia; naso di erbe aromatiche, sentori terziari di legno e tabacco, bocca avvolgente, tannini morbidi e lungo finale.

POGGIO PINZO – MAREMMA TOSCANA DOC. Vendemmia 2018, da Ciliegiolo in purezza (un altro cru all’interno del vigneto San Lorenzo). Un altro “cru” del San Lorenzo, affinamento in giare di terracotta per circa un anno; naso minerale e di ribes, sentori di mirto, bocca calda e avvolgente, sapido, minerale, finale persistente.

NUMERO SEI – TOSCANA IGT. Vendemmia 2017, da uve Greco e Sauvignon, lunga macerazione con le bucce per il Greco, poi affinamento di un anno in barrique per entrambi; profumi citrici (pompelmo) ed una leggera nota balsamica, al palato fresco e con una buona struttura, persistente.

Una degustazione completa, anche se l’attenzione se la sono un po’ presa i tre vini del vigneto San Lorenzo; la ricerca delle differenze tra un cru e l’altro è stato un esercizio per le papille gustative interessantissimo, così come lo è stato scoprire quanto una zona può dare risultati diversi da quella affianco, generati da una composizione diversa del terreno.

La micro-zonazione è stata la chiave per arrivare a produrre vino capace di esprimere veramente le diverse peculiarità e caratteristiche che un singolo vigneto può presentare al suo interno. È stato un processo lungo e faticoso ma ha dato dei risultati sorprendenti, capaci di stupire perfino Carla ed Edoardo, entrambi però pronti a cogliere l’opportunità di creare dei vini che riflettessero in modo inequivocabile questa “strana” cosa chiamata terroir.

INFO

Cantina Sassotondo, C.s. Pian Di Conati 52 – Sovana, Sorano (GR)

Telefono +39 0564 614218

Alla prossima degustazione!