5 DOMANDE A…ARIANNA OCCHIPINTI

di Cristian
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Il mondo del vino in Sicilia sta vivendo un gran fermento, e non solo grazie alla scoperta di un territorio vocato come l’Etna, da molti considerato la nuova Montalcino.

Questa “rivoluzione” parte dalla terra, oggi più che mai oggetto di una valorizzazione per troppi anni sottostimata, se non deliberatamente vittima di atteggiamenti poco rispettosi incuranti del danno provocato.

Uno dei perni di questo nuovo movimento è Arianna Occhipinti, giovane vignaiola di Vittoria, in provincia di Ragusa.

I primi venti anni del XXI secolo hanno visto la crescita, prima didattica e successivamente sul campo, di questa donna vulcanica, partita con 1 ettaro di terreno diventato oggi un territorio vitato circa trenta volte più grande.

La filosofia che governa il suo essere vignaiola è improntata al naturale, un sistema in cui lei crede fortemente, arrivando ad impegnarsi attivamente per la tutela e la difesa del territorio, in generale ed in particolare quello di Vittoria.

La sua crescita personale e professionale è stata narrata da lei stessa nel libro “Natural Woman“; Arianna si confida con il lettore, raccontando la sua forza e le debolezze, la grinta e la perseveranza, i dubbi e la determinazione uniti dal fil rouge costituito dall’amore per il vino e per la sua Sicilia, terra generosa e mai avara, così come i siciliani che la vivono quotidianamente.

L’abbiamo incontrata e conosciuta alla manifestazione NOT – Rassegna dei vini franchi, tenutasi a Palermo dal 18 al 20 Gennaio 2020, incentrata sui vini ed i vignaioli naturali, protagonisti di varie conferenze svoltesi durante l’evento.

Da quell’incontro è nata l’intervista, che ora vi proponiamo; inutile dire che siamo molto contenti di ospitare sul Nomade i pensieri e le parole di Arianna, che auspichiamo fortemente di incontrare in cantina non appena finirà questa emergenza sanitaria.

Buona lettura!

Durante la conferenza tenuta durante l’evento “NOT – Rassegna dei vini franchi” a Palermo, hai detto che un produttore di vino non dovrebbe chiedersi come o quanto produrre, ma perché. Capire quali sono motivazioni e obiettivi che stanno alla base di una scelta tanto impegnativa quanto ricca di soddisfazione è fondamentale per comprendere il lavoro e l’impegno dei vignaioli naturali. Ecco…perché hai deciso di fare la produttrice di vino naturale e quali cambiamenti ha portato questa tua decisione nella tua vita?

Sono una produttrice di vini naturali, innanzitutto perché rispondo ad una mia esigenza personale di esprimermi con l’agricoltura e con un prodotto della terra. Se non avessi avuto una grande passione ed orgoglio per quello che faccio non credo che avrei avuto la forza per portare avanti tutto ogni giorno.

Sono una produttrice di vini naturali perché credo la terra “che ci viene data in custodia dai nostri figli” debba essere da noi salvaguardata. Che ricevere un frutto della terra che sia vino, olio, grano, vuol dire anche restituire con gesti di cura.

E sono una produttrice di vini naturali perché sento la necessità di dimostrare, in questo territorio, al confine tra Europa e Africa, culla di grandi civiltà ma anche spesso di inciviltà, che si può fare una buona agricoltura e si possono avere risultati, senza distruggere, senza necessariamente sfruttare un territorio e utilizzare i suoi frutti solo per il nostro tornaconto personale, ma accompagnarli nel loro divenire e trasformali insieme in un messaggio positivo. 

Sono infine una produttrice di vini naturali perché penso che sia l’unico e vero modo di fare vino. Un vino deve poter parlare del luogo dove nasce. Un vino deve essere rispettoso del luogo dal quale proviene ed anche della salute di chi lo beve.

Non si tratta solo di una decisione di “metodo”, ma di una vera e propria decisione di vita, che mi ha consentito di scoprire tante relazioni profonde e fuori dagli stereotipi, proprio come i vini che produco.

Parlando della tua cantina, vorremmo che ci spiegassi quali sono le tue linee guida, i principi dai quali non ti allontaneresti mai e che non tradiresti mai; per contro, quali sono invece le cose che cambieresti e quelle da migliorare?

Sono molto cambiata e cresciuta durante il mio percorso lavorativo, ho fatto passi in avanti tutte le volte che ne ho sentito la necessità. Ci sono sicuramente state cose che avrei potuto fare in maniera diversa, ma sono una persona a cui piace la sfida e studiare e apprendere e non mi piace accorciare i tempi se non ci sono i presupposti. Altre volte invece li ho accorciati, dando seguito a quella voce che ogni tanto è più forte di tutto e mi fa fare lunghi passi avanti. 

Nella vita sono stata abituata a guadagnarmi le cose con sacrificio. Ho acquisito una certa resistenza che mi fa stare sulle cose o sul problema per lungo tempo finché è risolto o esaurito. Non va sempre bene ma è la mia modalità. Questo approccio lo rimodellerei un po’, lasciando andare quando è necessario. 

Non cambierei invece il mio modo di scoprire e sentire le cose, le stagioni, la natura, la visione dell’azienda agricola, nella ricerca di un’armonia con il mio territorio, anzi, stimolo per il territorio.

Tante le cose da migliorare, dall’integrazione con un luogo che non sempre risponde in maniera pro-attiva; si tratta però di equilibri che vanno smussati piano piano e soprattutto in una rete e non in solitaria.

Adotta o regala un filare

Puoi scegliere tra l’adozione di un filare in Toscana (Chianti) o in Puglia (Salento). L’adozione del filare dura 12 mesi e può iniziare in qualsiasi momento. L’adottante riceverà:

  • aggiornamenti e approfondimenti mensili via email;
  • il certificato di adozione e verrà apposta la targhetta in legno personalizzata sul filare;
  • n.6 bottiglie di vino prodotto con il vitigno scelto

Pensi che la Sicilia, e l’Italia in generale, siano consapevoli e, se sì, che grado di consapevolezza hanno della filosofia dei produttori naturali, che non si limitano a seguire specifiche tecniche agronomiche o enologiche, ma che sono attivamente coinvolti anche su altri fronti, primo tra tutti la difesa e tutela del territorio?

Quando ho cominciato a far vino era il momento in cui riscoprivamo in Italia le tante uve autoctone che sono nel nostro patrimonio. Venivamo da un buon ventennio di enologia industriale che ha omologato un po’ i gusti oltre ad aver piantato molte uve internazionali dal nord al sud, senza considerare le reali inclinazioni del territorio. 

Questa riscoperta sicuramente è stata attribuita ad una migliore adattamento e potenziale di queste uve, ma soprattutto ha fatto riscoprire la viticoltura come un’attività prettamente agricola.

Ci ha riconnesso con il territorio e tutte le sue sfumature, da quella ambientale a quella paesaggistica. Credo che oggi gli agricoltori siano tra i principali custodi del paesaggio e della consapevolezza che l’agricoltura è anche tutela del territorio.

Oggi sento che il mio percorso, per quanto già ricco di contenuti e forse anche di risultati e soddisfazione, non può fermarsi alla sola produzione di vino, penso di essere in questo mondo anche per scuotere le coscienze cercando di dare un contributo diffuso e certo all’agricoltura e alla salvaguardia di un territorio.

Non so se questo mi porterà a qualcosa, perché l’azienda mi richiede già molto tempo, ma ci sto lavorando.

In che modo e quanto, secondo te, dobbiamo attingere dalle tradizioni passate, notoriamente più attente al territorio rispetto a quelle attuali, per trasportare il mondo del vino nel futuro?

Credo che il passato sia una grande fonte di continua ispirazione e insegnamento e così lo vivo ogni giorno nella mia azienda agricola. Non un paletto a cui attenersi rigidamente, ma una strada che ci conduce a pratiche che nei secoli hanno accompagnato e sostenuto l’uomo.

Il mondo del vino è tra i più attenti oggi alle pratiche agricole che riconoscono nel territorio un luogo di sostentamento per la collettività e di bellezza da preservare. Questi i valori che dovremmo sempre porre al centro del nostro agire.

Contemporaneamente mi piace contaminare la tradizione con una visione più contemporanea dell’agricoltura.

In fondo siamo vignaioli moderni, che viaggiamo, ci nutriamo di tante cose nuove e se valide e rispettose è giusto inserirle nel nostro lavoro quotidiano.

Qual è, secondo te, l’identikit del consumatore “ideale” di vino e quali domande dovrebbe porsi un consumatore quando si approccia al mondo del vino?

So che si avvicina al vino naturale chi è curioso, chi ha più domande che risposte, chi ha le sue certezze, ma vuole confrontarle con gli altri. Non ci sono domande giuste o sbagliate, ma c’è la curiosità di confrontarsi con un mondo che esprime l’energia tra gli uomini e di trovarne la propria versione.

Chi si approccia al vino naturale, lo fa quindi per curiosità, a volte per critica, altre volte perché scopre dei gusti veri e sinceri e altre volte ancora per supportare il lavoro onesto di qualcuno. 

Ricordiamoci sempre che “mangiare” (così come bere) “è un atto agricolo”. A queste parole di Wendell Berry mi viene di aggiungere che tutte le volte che scegliamo qualcosa, dagli scaffali di una bottega o di un enoteca stiamo indirizzando una scelta e quindi stiamo decidendo se incentivare una determinata agricoltura o un’altra.

Così nel cibo, così nel vino.


Dalle parole di Arianna traspare nitido il suo amore per il lavoro che fa, sentimento che fa di lei una donna autentica ed una vignaiola appassionata ed infaticabile.

A noi non resta che dirle GRAZIE.