Tappa enoturistica imperdibile nella maremma livornese è quella a Suvereto, dove nelle sue colline sono adagiati i vigneti di Sangiovese, Merlot e Cabernet della cantina Rubbia al Colle, dove viene seguita la coltivazione dell’uva secondo quel metodo completamente naturale conosciuto col nome di simbiotico.
Abbiamo cercato e trovato Rubbia al Colle, una delle quattro isole dell’Arcipelago Muratori, dapprima su internet seguendo le tracce di questo innovativo sistema di viticoltura, che negli anni è diventato il fiore all’occhiello e simbolo di questa realtà incastonata nelle colline livornesi.
Dopo averlo studiato sul web, ci siamo incuriositi e siamo andati a vedere di persona l’importanza del lavoro svolto dalle persone che hanno sin dal principio creduto in questo sistema e, accompagnati dall’enologo Luigi De Micheli, abbiamo visitato la cantina, degustato i loro vini ed infine abbiamo potuto ammirare la vigna.
Quello che si nota sin da subito visitando i vigneti è l’ottima salute di cui godono le viti e l’uva, a riprova della bontà di questo sistema, grazie al quale la pianta reimpara a difendersi autonomamente dai vari attacchi, rafforzandosi e irrobustendosi con il passare del tempo.
Entrando nel dettaglio, la viticoltura simbiotica è un sistema innovativo che punta a ristabilire nel terreno quell’equilibrio di sostanze che anni di degrado unitamente all’utilizzo di prodotti chimici hanno alterato.
Si cerca, quindi, di ridare alla terra quell’importanza che nel tempo ha perso: riaffidargli il compito di regista della viniviticoltura significa garantire alla vite quell’apporto fondamentale di sostanze nutritive che ne favorisce una crescita sana, rafforzandola e rendendola in alcuni casi immune alle classiche malattie della vite.
Simbiotico che deriva da simbiosi, dunque. Pianta e terreno si aiutano a vicenda, diventando l’una indispensabile all’altra, all’interno di un regime di scambio continuo e naturale garante anche della conseguente sostenibilità ambientale.
Ma come si arriva ad eliminare i prodotti di sintesi, a volte anche il rame e lo zolfo, ed avere ugualmente una pianta sana ed un frutto forte ed intatto? Le risposte a questo quesito sono arrivate dopo anni di ricerche effettuate da Francesco Iacono, l’ideatore e promotore del sistema simbiotico.
Il punto centrale è ridare vita al terreno, soprattutto in quei casi dove risulta impoverito da anni di cattiva gestione. È ormai risaputo che un terreno soggetto ad utilizzo di prodotti chimici perde, col tempo, quelle sostanze che sono fondamentali per la vita della pianta, al punto da renderla dipendente da queste pratiche ed entrando in un circolo vizioso difficile da interrompere.
Difficile ma non impossibile, anche se per ristabilire quell’equilibrio servono anni di attesa e duro e costante lavoro. Vengono usati quelli che in biologia si chiamano micorrize, che sono dei funghi, i quali svolgono il loro compito soprattutto nel sottosuolo, stimolando e proteggendo le radici inducendole alla resistenza alle malattie e permettendo loro di svilupparsi nel terreno molto in profondità.
Ai funghi si aggiungono i microrganismi (batteri) che, congiuntamente, contribuiscono alla vitalità del terreno, favorendo la vita anche a vari artropodi del sottosuolo che, trovando un terreno vivo e ricco, si alimentano e cedono ulteriori sostanze nutritive utili sia alla pianta che al terreno stesso.
In questo modo il circolo vizioso, non più deleterio e distruttivo, si trasforma e diventa ciclo, il ciclo vitale della pianta.
Grazie a questo sistema a Rubbia al Colle si produce un vino, il Simbiotico, da uve Sangiovese in purezza. Un vino che porta con sé tutta la naturalezza con la quale è stato fatto, dalle operazioni in vigna a quelle in cantina, donando quella caratteristica freschezza e acidità, unite ad una pulizia di gusto e aromi tipiche di un vino che non subisce alcun trattamento.
Ma Rubbia al Colle è anche la cantina dove si è studiato e sviluppato un particolare sistema di affinamento del vino, e cioè nella terracotta. Al legno di rovere delle barrique è subentrata con l’argilla, con la quale sono state prodotte le particolari barrique dove viene fatto affinare il Barricoccio (ne parliamo qui).
Entrambi questi sistemi sono volti a ridare al vino quella naturalezza che sempre da più persone viene richiesta, una preziosa caratteristica che il vino stava un po’ perdendo, col rischio di un appiattimento di gusti ed aromi. Una viticultura innovativa che punta a ristabilire gli equilibri tra i protagonisti di questo magnifico mondo: la natura e l’uomo, all’insegna del reciproco rispetto.

Le sculture naturali di Francesco Iacono