5 DOMANDE A…MATTEO GALLELLO

di Cristian

Abbiamo avuto il piacere di ospitare tra le “pagine virtuali” del nostro blog, una delle persone che negli ultimi anni più si sta impegnando attivamente per fare in modo che il vino naturale occupi il posto che merita nel vasto panorama delle tipologie di vino.

Stiamo parlando di Matteo Gallello, caporedattore di Porthos Racconta, divulgatore e artefice di numerose degustazioni in giro per l’Italia in cui il protagonista è il vino naturale.

Ci siamo conosciuti ad una degustazione benefica a Calci, in provincia di Pisa, e quello che ci ha immediatamente colpito è il suo stile pacato da un lato ed estremamente appassionato dall’altro, nonché una capacità di spiegare i vini naturali quasi unica, al punto da sembrare che li si conoscano da sempre.

L’intervista quindi è nata spontanea, da una volontà nostra di approfondire questo argomento grazie alle parole di uno dei massimi esperti in questo settore.

A voi quindi le sue interessanti parole, buona lettura e grazie Matteo!

Il Nomade di Vino: Ciao Matteo, leggendo su internet i numerosi eventi a cui partecipi e l’attività che svolgi presso l’Associazione Culturale indipendente Porthos Racconta per la quale sei organizzatore dei corsi e redattore, viene naturale capire che il focus a cui hai puntato è sui Vini Naturali; argomento che magari molti non conoscono o che forse conoscono superficialmente, visto che non esiste una definizione ufficiale riguardo a questa tipologia di vini. Ci puoi quindi spiegare cosa sono i Vini Naturali e quali sono le regole che un vignaiolo deve seguire per produrre questo tipo di vino?

Matteo Gallello: Per spiegare cosa sia il vino naturale parto dalla terra perché considero la dizione “naturale” primariamente agricola. Negli ultimi cinquant’anni la meccanizzazione delle pratiche colturali ha allontanato l’uomo dall’attività contadina. Oggi si è fatta forte la necessità di recuperare i saperi antichi e la capacità di osservare e, a questi, affiancare la competenza e la ricerca scientifica. Il vigneto deve essere salvaguardato nella sua capacità espressiva, per questo la tutela della biodiversità vegetale e animale è diventata una priorità, mentre nel recente passato era un aspetto del tutto trascurato, anzi combattuto, nelle monocolture estensive. Inoltre nel vigneto “naturale” è bandito l’uso di sostanze chimiche di sintesi, di prodotti sistemici, di diserbanti, di fertilizzanti. Le lavorazioni della terra vengono effettuate prevalentemente a mano o con mezzi leggeri.

In cantina viene da sé difendere la vitalità delle uve che devono essere il più possibile sane e integre. La fermentazione spontanea è l’aspetto centrale: i lieviti e gli altri microrganismi che intervengono in questo frangente sono patrimonio dei frutti e della cantina e ne rappresentano l’identità. Bisogna fare attenzione alla salvaguardia dell’attività fermentativa in ogni fase, anche attraverso il controllo della temperatura che non significa imposizione ma supervisione. Altro tema fortemente discusso è l’uso dell’anidride solforosa, la consuetudine ne prevede una minima quantità per amministrare mosto e vino, alcuni si prendono il rischio di non usarla. In ogni caso quel che avviene dopo la vinificazione è legato alla gradualità, ai tempi adeguati e al buon senso del produttore. Certamente ridurre la permanenza del vino in maturazione per immetterlo prima possibile in commercio non rende giustizia ai tempi biologici dello stesso liquido. Le chiarifiche sono da evitare perché impoveriscono il vino; le filtrazioni possono essere tenute in considerazione purché trattengano solo il “grosso”.

Attraverso queste poche frasi non è possibile tracciare le norme dal momento che, ad oggi, non c’è alcuna regolamentazione ufficiale. Tuttavia possiamo trovare alcuni spunti sul comportamento che il vignaiolo dovrebbe seguire.

Da quello che posso vedere, il mondo contemporaneo del vino è in continuo movimento ed evoluzione (e questo è giusto e normale), ma in molti casi però si punta sempre di più a stupire, a creare scalpore, diventando alla fine autoreferenziale; i vini quindi perdono il loro connotato e la loro funzione principale, ovvero la capacità di creare condivisione e convivialità intorno ad un prodotto che è strettamente figlio della terra. Qual è il tuo parere in merito e come i Vini Naturali si inseriscono in questo contesto?

La pubblicità, il marketing, le mode sono tutti aspetti più o meno connaturati a un’attività commerciale, ricordiamo che il vino è pur sempre un prodotto che deve essere venduto. In questo scenario si inseriscono altri aspetti della società contemporanea: tra le priorità delle strategie di comunicazione, c’è quella di creare scalpore per diffondere l’oggetto delle campagne pubblicitarie.

A me non interessa questo rumore. Cerco, per quanto possibile, di coltivare altri aspetti: il dialogo, la competenza, l’arricchimento culturale, mi diverto così e certamente il mondo del “naturale” si rifà maggiormente a quest’ottica. La questione è, più che mai, personale: ho la fortuna di conoscere molti produttori “naturali”, alcuni sono amici con i quali condividere, ad esempio, l’interesse per la musica e per la lettura o anche lo sguardo socio-politico. Ovviamente queste sensibilità fanno capo a una visione etica della vita, basata sull’ascolto e sul rispetto reciproco.

Nella degustazione alla quale abbiamo partecipato “I Vini Naturali incontrano il Monte Pisano”, abbiamo potuto assaggiare dei vini sicuramente caratteristici e particolari, con peculiarità che derivano sostanzialmente dal loro essere naturali, senza chimica aggiunta. In che modo questi vini possono vincere la sfida dentro cui si sono lanciati? Cosa devono fare gli addetti ai lavori per farli conoscere sempre di più ed essere apprezzati come meritano?

La peculiarità del vino artigiano non deriva dall’assenza di “chimica aggiunta” ma prende vita dal luogo in cui nasce, vero elemento distintivo, impronta originale e inimitabile. I vignaioli, in qualche modo, hanno già vinto la loro sfida: è una grande fortuna poter “traslare” in un prodotto essenzialmente edonistico come il vino, una propria scelta di vita che confluisce nella difesa della terra che abitano e della cultura di quel posto specifico. Certamente il vino deve essere buono e un vino buono può essere solo un vino naturale anche se non tutti i vini naturali sono buoni… Il produttore, così come il consumatore, deve imparare a sentire e lo deve fare attraverso lo studio, la pratica, l’ascolto, il confronto. Deve imparare a motivare delle scelte, a difenderle, non certamente a incaponirsi ma, piuttosto, a mettersi in discussione, ad aprirsi.

Il vino naturale non occupa una grande fetta di produzione e, dunque, di mercato. Negli ultimi dieci-quindici anni si sta facendo conoscere moltissimo ed è sempre più richiesto e apprezzato.

Chi si occupa di veicolare il messaggio del vino naturale, giornalisti e blogger, deve ricominciare a narrare il contesto storico, geografico e culturale in cui nasce, non deve temere di esporsi, di raccontare l’assaggio, è importante però che lo faccia con originalità, rigore e credibilità. A proposito mi sento di fare un appunto: credo sia necessario attenuare la centralità del produttore che, per quanto importante, a volte, sovrasta la bellezza autentica del vino.

Domanda secca. Vini Naturali, Biologici, Biodinamici: quali sono le differenze e poi…è davvero possibile raggiungere la sostenibilità?

Naturale non significa necessariamente “selvaggio”. L’uomo fa parte della Natura ma è una responsabilità ineludibile che esso la custodisca, rispettandone i principi. Se sostenibilità significa questo, è necessario che – in particolare in ambito agricolo – si faccia di più. È sotto gli occhi di tutti il legame tra l’agricoltura industriale ed i cambiamenti climatici: il sistema agricolo attuale è vittima e carnefice della crisi climatica. L’impoverimento della biodiversità e della terra è il risultato più vistoso e somiglia a una dantesca pena del contrappasso: finora  si è prodotto quanto più possibile attraverso qualsiasi sistema, anche estromettendo la vita dalla terra. È stato inevitabile arrivare a un collasso tale da non poter più produrre quel che serve per la nostra stessa vita dato che i nutrimenti degli alimenti ricavati dall’agroindustria sono di scarso valore. Il vino non è un alimento fisiologico ma l’uva e la terra da cui nasce hanno subito il medesimo, umiliante, trattamento.

Cercherò di essere schematico sulla questione vino naturale, biologico e biodinamico (o meglio, da agricoltura biodinamica).

Per tenere in considerazione di cosa sia il vino naturale si può tornare alla prima domanda.

Un vino biologico non è necessariamente naturale perché la normativa europea che ne sancisce la regolamentazione è piuttosto permissiva, specialmente in fase di vinificazione, basti pensare alla possibilità di utilizzare lieviti selezionati (e relativi nutrimenti), tannini e gomma arabica, senza tralasciare i livelli di anidride solforosa ancora piuttosto elevati.

Un vino ottenuto da agricoltura biodinamica deve rispettare innanzitutto i principi antroposofici dettati da Rudolf Steiner e, per ottenere la certificazione Demeter, una serie di norme per la produzione (in primis la somministrazione dei preparati biodinamici) non solo di uve da vino ma anche di ortaggi, carne, latte e prodotti caseari. La biodinamica è un metodo agricolo che rimette in circolo la vita nella terra e vede l’azienda, e coloro che la gestiscono, in relazione con l’ambiente circostante, con il cosmo e le costellazioni. È tutto interconnesso in una complessità di relazioni nelle quali una pianta, noi facciamo l’esempio della vite, è un organismo vivente così come il sistema humus-terreno, il compost, l’animale, l’azienda agricola, il pianeta Terra, il sistema planetario.

Infine, a proposito della sostenibilità cito Maurizio Gily, agronomo piemontese di grande spessore. Credo che le sue parole siano abbastanza eloquenti: “Per la produzione di una bottiglia di vino, fino al momento della sua stappatura, per quanto riguarda il consumo energetico e la produzione di gas serra, l’attività agricola ha un’incidenza piuttosto modesta. La parte del leone la fanno la produzione e il trasporto del vetro e il trasporto del prodotto finito”.

E per finire una domanda personale che faccio sempre: parlaci (se puoi!) dei tuoi progetti futuri, quali sono le prossime date delle degustazioni che svolgerai e dove, per chi vuole approfondire la conoscenza dei Vini Naturali.

La mia principale attività si svolge a Roma, a Porthos. Da ormai dieci anni, con Sandro Sangiorgi, mi occupo dell’attività didattica ed editoriale, dalla scelta dei vini per i corsi e i seminari alla correzione delle pubblicazioni. Inoltre, a Pisa, svolgo attività didattica e di formazione del personale all’interno di ristoranti ed enoteche.

Nei prossimi giorni modererò un convegno dedicato ai cambiamenti climatici e alle implicazioni in vigna e in cantina, presso il padiglione Puglia al Vinitaly. Il 12 maggio si svolgerà il medesimo convegno a Capestrano, in occasione della manifestazione “Naturale”. In entrambi i casi sarà presente Giacomo Buscioni, microbiologo presso FoodMicroTeam e consulente di alcune importanti aziende vitivinicole.

Il 28 Aprile sarò al Saracena Wine Festival per condurre una degustazione che vedrà il Magliocco a confronto con altre varietà del Mediterraneo. Tra maggio e luglio non mancheranno altre occasioni per parlare di vino e luoghi, in particolare, di Calabria, la mia terra d’origine.

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