LA MALIOSA, QUANDO IL VINO DIVENTA AMMALIANTE

di Cristian

Siamo venuti nella bassa Toscana, quasi nel Lazio, spinti dalla curiosità e dalla voglia di visitare Pitigliano, piccolo borgo arroccato su un altopiano tufaceo di antichissime origini.

È una di quelle tappe che in questo anno di turismo di prossimità non dovrebbe essere tralasciata; la sua storia è lunga e affascinante, e rappresenta uno dei primi esempi di integrazione religiosa in Europa, simboleggiato dalla distanza – un vicolo – che separa la Sinagoga dalla Cattedrale cristiana, quest’ultima proprio al confine con il vecchio quartiere ebraico.

Ma Pitigliano, oltre ad essere uno splendido borgo, è anche meta che consigliamo a tutti gli eno-appassionati, grazie alle interessanti cantine della zona ed al suo Bianco di Pitigliano, vino che negli ultimi anni sta vivendo una seconda gioventù grazie ad un gruppo di vignaioli seri e virtuosi.

Uno dei vignaioli che in queste terre sta lavorando tanto e bene è sicuramente Lorenzo Corino, stimato agronomo e noto ricercatore che dal 2013 ha iniziato a collaborare con la fattoria La Maliosa, a Manciano, a pochi chilometri da Pitigliano in provincia di Grosseto.

Il binomio che si è venuto a creare, tra Corino e Antonella Manuli, la proprietaria dell’azienda, è di quelli solidi e lungimiranti, entrambi accomunati dall’amore per la natura e per la campagna maremmana, che nella vita di tutti i giorni si traducono in rispetto e tutela dell’ambiente.

Una collaborazione che ha dato molti buoni risultati, primo tra tutti il “Metodo Corino”, brevettato insieme alla Manuli, con cui l’azienda ha delineato la propria filosofia. 

Parlare del Metodo Corino significa infatti prendere in considerazione tutti gli aspetti relativi alla gestione del territorio, sotto il profilo agricolo, agronomico e vitivinicolo. I vigneti e gli uliveti de La Maliosa sono interamente a conduzione biodinamica (la fattoria è certificata biologica), in cui si inserisce questo particolare sistema operando scelte mirate ed innovative riguardanti le condizioni ambientali, i vitigni e le tecniche colturali ottimali per vigneti ad elevato valore conservativo dei luoghi e paesaggi.

L’uva deve provenire dalla gestione professionale e sostenibile del vigneto e deve tendere a valori di eccellenza qualitativa e bontà nutrizionale; il metodo si focalizza sulla vitalità dei suoli, sulla salubrità dell’ambiente, dei produttori e dei consumatori.

Dei 160 ettari di proprietà, 9 sono di vigneto in produzione e altri tre sono in procinto di diventarlo, mentre 12 sono quelli destinati a uliveto, dove trovano dimora 3600 piante di cui circa 300 con più di ottant’anni. 

Un’attenzione verso l’ambiente frutto di una sensibilità non comune, che si manifesta attraverso scelte coraggiose, come creare una cantina a basso impatto ambientale sia dal punto di vista architettonico che energetico. L’edificio principale è stato recuperato da una vecchia scuola elementare in disuso e completamente restaurata, mentre alcune parcelle di terreno accolgono gli impianti fotovoltaici che forniscono l’energia sufficiente per svolgere le attività in cantina, rendendola completamente indipendente; per finire, sono stati installati macchinari utili a misurare la CO2 prodotta dalla cantina, in modo da tenere costantemente sotto controllo le emissioni nocive, comunque basse, prodotte durante le varie lavorazioni.

Il paesaggio che si distende davanti agli occhi è qualcosa che è complicato tradurre in parole, specialmente se visto dall’alto del Monte Cavallo, il punto più alto della tenuta – 350 m slm – da cui è possibile far spaziare lo sguardo a 360 gradi, passando dal Monte Amiata al mare di Orbetello, con in mezzo una distesa di colline a perdita d’occhio.

Il Monte Cavallo è laddove Corino nel 2014 ha impiantato un vigneto circolare utilizzando il suo metodo sin dal principio, e non “importandolo” su vigneti già esistenti, come fatto in precedenza sugli altri dell’azienda; le piante, tutte a bacca rossa, sono ancora giovani e molte non ancora produttive, ma questo “cru” sarà quello da cui si otterrà un vino in grado di tradurre in liquido la reale e sincera potenzialità di quel territorio.

Tutte le varietà coltivate derivano dalle piante che si trovavano originariamente nel primo vigneto dell’azienda, la Vigna Madre, l’unico che la Manuli ha trovato al momento dell’acquisto della fattoria.

Grazie a vari ed attenti studi effettuati nella Vigna Madre, si è così potuto appurare che le varietà presenti erano Procanico, Ansonica e Grechetto a bacca bianca e Ciliegiolo, Sangiovese e Cannonau grigio a bacca rossa.

Un ventaglio di vitigni che, se da una parte ne includeva – e include tuttora – alcuni classici locali come il Sangiovese ed il Ciliegiolo, dall’altra ne presentava di particolari e sicuramente non comuni: il Procanico, parente stretto del Trebbiano Toscano, il Grechetto detto anche Trebbianino o il Cannonau Grigio, varietà tipica della Sardegna, importata molto tempo fa e che si è ben adattata al clima caldo e semi-siccitoso di questa parte di Maremma.

Si tratta di varietà comunque storicamente presenti sul territorio e che negli anni sono state impiantate via via nei vigneti che si andavano creando e che con il tempo hanno iniziato a dare i loro frutti; viti che hanno dimostrato di gradire il metodo a cui Corino le ha sottoposte, stimolando la pianta a crearsi un suo sistema difensivo verso parassiti e malattie, rendendole forti e indipendenti da qualunque pratica invasiva e sistemica.

DEGUSTAZIONE

Caterina, che si occupa dell’hospitality dell’azienda, competente e preparata su ogni dettaglio dell’azienda e dei vini, ci ha accompagnato durante la visita e la degustazione dei vini prodotti, come il Saturnia bianco, ottenuto da uve prevalentemente Trebbiano e Procanico, ed il Saturnia rosso, da uve Ciliegiolo, Sangiovese e Cannonau grigio.

Saturnia bianco 2019, IGT Toscana. A tutti gli effetti un orange wine, con una lunga macerazione sulle bucce di 4 settimane per entrambe le varietà, con una fermentazione spontanea senza lieviti aggiunti ed un passaggio nelle botti di legno per altri 5-6 mesi. Il colore che ne risulta è dunque giallo ambrato, i profumi spaziano dalla frutta a polpa bianca, come la pesca, a sentori minerali e balsamici; al palato è un vino fresco e con una piacevole acidità, con un buon finale sapido e una buona persistenza.

Questo vino ci è stato saggiamente proposto con un piatto di formaggi pecorini e vaccini, di media e lunga stagionatura, con cui il Saturnia bianco si abbinava molto bene.

Saturnia rosso 2018, IGT Toscana. 90% di Ciliegiolo ed il restante se lo spartiscono il Sangiovese ed il Cannonau grigio; la macerazione si protrae per 4 settimane, successivamente il vino passa nelle in botti di legno per circa 10 mesi. Non vengono mai effettuati alcun tipo di intervento enologico né aggiunta di additivi. Il vino ha un colore rosso rubino carico e con sfumature violacee, al naso presenta aromi intensi e complessi, dove le note fruttate di ciliegia si uniscono a quelle di prugne e frutti di bosco in confettura; al palato è morbido, tannico e di buon corpo anche se non troppo complesso, caratteristica che lo rende abbinabile a molti piatti, cacciucco alla livornese compreso.

L’abbinamento proposto era con un tagliere di prosciutto crudo di Sovana e salamino stagionato, entrambi prodotti nella zona.

La Maliosa offre anche la possibilità di un soggiorno molto caratteristico: si tratta della starsbox, una capanna in legno in cui trova spazio solo il letto ma che, una volta ripiegato il tetto su se stesso, permette di vedere il cielo stellato come da poche altre parti. È situata sulla cima del Monte Cavallo, e l’assenza pressoché totale di inquinamento luminoso la rende un punto di elezione per godere del cielo durante le notti estive, per non parlare della notte di San Lorenzo!

E non è finita qui, perché oltre alla starsbox, si può soggiornare nel loro appartamento di Montemerano, il Maliosa Natural Apartment, ubicato in un tipico casale toscano immerso nel verde.

La Maliosa, nome femminile inventato da Antonella Manuli e fortemente evocativo, rimanda a qualcosa che seduce, che “ammalia”, e chi visita la cantina potrà vivere di persona quanto questo nome risulti quantomai appropriato.

Insomma, tutto è stato pensato per far vivere un’esperienza completa a chi ama il vino, il buon cibo, la natura, i paesaggi incantevoli e le persone che credono in quello che fanno, e lo fanno bene.

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