ALLA SCOPERTA DEL VINO DI RODI

di Cristian

Recentemente sono stato qualche giorno a Rodi per prendere una pausa di relax ma allo stesso tempo andare alla scoperta di nuove rotte enoiche.

Rodi è, a mio avviso, una interessante isola del Dodecaneso, praticamente a due bracciate a stile libero dalla Turchia. E’ indubbiamente una bella isola, le cui potenzialità sono note già da inizio Novecento, quando noi italiani eravamo i “colonizzatori” e molte sono state le opere di ristrutturazione messe in atto a beneficio dei Savoia e di Mussolini (o almeno questo era nelle intenzioni).

Ma se da un lato è ricchissima di storia (come d’altronde piace a me), dall’altro è ipersfruttata turisticamente, con chilometri di costa cementificati ad uso e consumo del turismo di massa.

Le belle spiagge di sabbia chiara ed il mare turchese rendono Rodi una delle mete turistiche più gettonate, ed il consiglio è sempre quello di programmare un viaggio fuori stagione, magari a Giugno (anche se in questi giorni di gente ce n’era tanta), oppure a Settembre/Ottobre.

Lindos e la spiaggia ai suoi piedi

La parte secondo me più bella e selvaggia inizia quando ci si allontana dalla costa e si entra nell’interno, per seguire quella che viene anche definita “wine road” con tanto di cartelli stradali ad indicarla.

L’isola copre poco meno di 1.450 chilometri quadrati di terreno montuoso nel Mar Egeo meridionale. Il monte Attavyros è il punto più alto, a 1.200 metri sul livello del mare e crea una topografia ondulata ideale per la viticoltura, con la maggior parte dei vigneti di Rodi piantati sui suoi pendii e ai suoi piedi.

Il monte Attavyros ed il paese di Embonas

La strada del vino di Rodi porta nel piccolo paese di Embonas, situato nella parte centro-occidentale dell’isola; è la zona vitivinicola di Rodi, dove si concentrano la maggior parte dei vigneti e delle aziende che producono vino.

Qui si viene catapultati in un’altra dimensione, circondati da montagne ricoperte di boschi, uliveti (tanti) e vigneti (un po’ nascosti); la dimensione isolana di Rodi qui si perde ed il mare diviene soltanto una lontana (ma neanche tanto) presenza.

Un po’ di storia del vino a Rodi

Antiche anfore recanti la simbologia tipica di Rodi sono state scoperte in tutto il bacino del Mediterraneo, suggerendo che la vinificazione fosse ben radicata sull’isola già nel VII secolo a.C.

Durante il Medioevo, quando Rodi era sotto il dominio dell’impero ottomano, qui fiorì il commercio della Malvasia, poiché all’isola fu permesso di continuare a commerciare in vino.

A causa dell’asprezza del suo terreno, Rodi ebbe la fortuna di evitare la diffusione della fillossera che ebbe un effetto così devastante sull’Europa nel XIX secolo; di conseguenza, rimangono molti vigneti storici e la loro composizione varietale riflette meglio la viticoltura tradizionale rispetto a molte delle isole vicine.

Acropoli di Lindos con il Tempio di Athena

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Rodi ha uno dei climi più secchi e soleggiati della Grecia ed è caratterizzato dalle classiche influenze mediterranee, con estati calde e inverni brevi e miti. Il sole caldo durante la stagione di sviluppo della vite e di maturazione del grappolo è temperato dalle brezze rinfrescanti provenienti da sud, in particolare sui pendii più esposti esposti del Monte Attavyros.

Per questi motivi, a queste altitudini più elevate il vitigno bianco Athiri è la varietà più popolare.

L’enoturismo a Rodi è, bisogna ammetterlo, alla fase primordiale ma non del tutto assente ed infatti, dopo qualche tentativo andato inspiegabilmente a vuoto, siamo finalmente giunti presso una delle aziende vitivinicole storiche di Rodi, aperta dal 1928: Kounaki Winery (mappa).

Il vino di Rodi: Kounaki Winery

L’azienda si estende su circa 20 ettari di vigneti a regime biologico, immersa nelle serene e pittoresche zone semi-montane e montuose intorno al villaggio. La metà dei vigneti è coltivata con vitigni autoctoni, come l’Athiri e l’Amoriano, ma non mancano quelli tipici greci come il Moschato, l’Assyrtiko ed il Malagouzia (bianchi) e quelli internazionali, come il Cabernet Sauvignon, il Syrah e il Merlot.

La gamma di produzione include varie etichette, dai monovitigno autoctoni fatti con l’Athiri (bianco) e l’Amoriano (rosso), passando dai blend internazionali stile bordolese per finire ai vini dolci naturali fermi.

Non appena ci si è presentata l’opportunità, non ci siamo fatti mancare una bella degustazione: abbiamo così potuto assaggiare dieci etichette (ci sono tre livelli ed il nostro era quello intermedio) rappresentative dell’azienda e di quella che è la produzione locale.

La qualità dei vini di Kounaki è alta, i vini hanno un loro carattere e sono ben distinti tra loro, sia i bianchi che i rossi che i dolci.

La produzione dei bianchi, come spesso accade nelle isole, supera quella dei rossi, e le caratteristiche organolettiche sono più sfaccettate ed hanno maggiori sfumature e complessità rispetto ai vini rossi.

Le potenzialità di invecchiamento, per alcuni vitigni ed etichette, come per esempio l’Alafantis – Syrah, Merlot e Cabernet Souvignon – sono notevoli (quello che abbiamo assaggiato era del 2016) e si possono spingere, a mio parere, anche fino ai 10 anni senza problemi.

I vini dolci naturali sono entrambi di forte identità, capaci di rispecchiare i vitigni da cui provengono: in un caso i bianchi Malagouzia, Moschato, Chardonnay e Sauvignon blanc, mentre nell’altro si tratta di un monovitigno rosso, l’Amoriano, già degustato precedentemente in versione secca.

Il risultato è una degustazione completa, con tanto di visita alla cantina adiacente di produzione e bottaia.

Tra l’altro, il sistema adottato per la degustazione è simpatico e per certi versi unico: oltre al menu ti verrà consegnato un cartoncino, rosso da un lato e verde dall’altro. Quando sarai pront@ per la degustazione, non dovrai fare altro che girare il cartoncino dal lato verde, e sarai prontamente servito con i vini inclusi nell’opzione scelta.

Se sei alla ricerca di un’esperienza enoica, immersi in un paesaggio rimasto autentico, e la curiosità di scoprire i vini locali non ti dà tregua, Kounakis è il mio consiglio.

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