IL NIBIÖ, IL VITIGNO PIEMONTESE PICCOLO FUORI MA GRANDE DENTRO

di Cristian
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Partiamo da un dato di fatto: il Piemonte non è solo Nebbiolo, Barbera, Dolcetto o Cortese. Sono questi grandi vitigni che danno un grande vino – è indiscutibile – ma che allo stesso tempo offuscano un po’ il panorama vitivinicolo della regione, rendendolo a volte ridondante.

Se ci stacchiamo da questo preconcetto, la nostra vista ed il nostro gusto potranno spaziare tra un numero consistente di varietà che sì, possiamo considerare minori, ma che non devono essere poste su un gradino inferiore alle altre. Diverso, ma sullo stesso piano.

Capisco che per alcuni questo possa sembrare blasfemo, ma siamo fortemente convinti che la ricchezza ampelografica del nostro Paese risieda anche nei piccoli vitigni che hanno rischiato l’abbandono, e solo grazie a vignaioli lungimiranti ed amanti delle tradizioni pian piano stanno ritrovando la luce.

Restando in Piemonte, potremmo così scoprire – o riscoprire – la Nascetta, il Muetto, il Nibiö, solo per citare alcune varietà.

Riscoprire il Nibiö

Ed è proprio del Nibiö che vogliamo parlarvi, perché è una delle varietà recentemente riscoperte e che meglio rappresentano il ragionamento di poc’anzi.

Il Nibiö è un vitigno originario della provincia di Alessandria – Novi Ligure, per essere precisi –  dove è conosciuto come Nibiö dalla Picùla Rùsa, un Dolcetto dal caratteristico peduncolo rosso che ha mosso i primi passi della sua rinascita nel comune di Tassarolo (AL).

È qui, in questo piccolo paese nei pressi di Gavi, che Luigia Zucchi, proprietaria di Rugrà, l’azienda vinicola da lei voluta e fondata nel 1992, conduce i primi passi della ricerca che ha portato alla rinascita del Nibiö.

La carica di Assessore permise alla Zucchi nei primi anni Duemila di consultare gli antichi archivi comunali dai quali scoprì che là dove oggi viene coltivato quasi a monocoltura il Gavi, una volta veniva coltivato il Nibiö, e che era l’uva più attesa e meglio pagata sul mercato di Novi Ligure.

Questa scoperta fu l’inizio di una nuova storia, quella del Nibiö contemporaneo, le cui radici risalivano a molti anni prima ma per fortuna ancora ben salde nel territorio, anche se rare e sporadiche.

L’Associazione Terra del Nibiö

Contestualmente alla ri-scoperta, e dopo qualche tempo utile per le ricerche e sperimentazioni, nasce l’Associazione Terra del Nibiö, presieduta proprio da Luigia Zucchi, con l’obiettivo di tutelare e restituire ufficialità ed il giusto riconoscimento a questo piccolo vitigno piemontese.

Il Nibiö, da non confondere con il più famoso Nebbiolo, è una varietà di Dolcetto, caratterizzato da un peduncolo rossastro, che insieme ad altri fattori, lo differenzia dal Dolcetto della zona, principalmente quello di Ovada.

È una varietà con una bassa produttività – motivo della sua decadenza – e che preferibilmente non deve affinare a lungo in cantina, motivo per cui è consigliato berlo non troppo invecchiato. Il frutto è spargolo, ma ricco di quel sapore che promette solo cose buone.

Il vino ottenuto da questo vitigno ha un profumo complesso di bacche e frutta matura, come fragole, frutti di bosco, tannini morbidi che avvolgono piacevolmente il palato, un gusto intenso ed armonico, una grande eleganza.

Le cantine del Nibiö

Oggi le cantine che hanno creduto nel Nibiö sono molte, localizzate nella zona sudorientale della provincia di Alessandria, proprio laddove questa varietà è nata. Cantine che si sono riunite sotto l’egida dell’Associazione Terra del Nibiö, accomunate dall’impegno per far rinascere verso questo vitigno così rappresentativo.

Queste le cantine che producono il Nibiö:

Noi ci auguriamo che il Nibiö possa tornare sulle nostre tavole in veste ufficiale e che possa nuovamente mostrarsi orgogliosamente con il suo nome. Il lavoro svolto dai viticoltori coinvolti in questa rinascita è encomiabile, e siamo sicuri che porterà i suoi frutti. Proprio come quelli del Nibiö.