Vino e mare, mare e vino.
Due elementi che suscitano emozioni forti, perché gli appassionati di uno, dell’altro o di entrambi sono capaci di viverli con un’intensità vera e spontanea che non ha paragoni con niente altro.
L’influenza del mare sul vino ha poi un’importanza che è riconosciuta sin dai tempi remoti. Ma anche in quelli contemporanei si sta cercando, attraverso metodologie e sistemi diversi, di ridare a questo binomio l’importanza che merita.
In tutte le regioni costiere del mondo, nella fattispecie quelle vocate alla viticoltura, il mare rappresenta l’elemento costante, equilibratore e mitigatore, sotto l’aspetto climatico ma non solo.
Nei tre anni vissuti a Lanzarote abbiamo constatato di persona quanto influente sia il mare, in quel caso l’Oceano Atlantico, nella crescita e nello sviluppo della vite.
Ma non solo della vite: già circa 2400 anni fa sull’isola di Chio – una piccola isola di fronte alla Turchia – i Greci avevano capito che il mare poteva avere un’influenza sul vino anche nelle fasi successive a quelle in vigna.
Come?
Il sistema era tanto semplice quanto geniale: l’uva veniva immersa sott’acqua dentro apposite nasse (grosse ceste di vimini usate dai pescatori) al fine di accelerarne il processo di appassimento e preservarne gli aromi caratteristici. Questo procedimento avveniva prima della macerazione svolta nelle caratteristiche anfore di terracotta.
Questo antico sistema è stato riportato in vita all’isola d’Elba dall’azienda vitivinicola di Antonio Arrighi, in collaborazione con il Prof. Attilio Scienza – ordinario di viticoltura all’Università di Milano. Gli studi effettuati hanno dimostrato come il vitigno tipico dell’isola, l’Ansonica – che (pare) proprio di antiche origini greche – fosse adatto a questo particolare procedimento.
Dai documenti giunti fino a noi – tra cui quelli di Plinio il Vecchio – si evince che il vino di Chio aveva qualcosa che gli altri vini non avevano, un segreto che i produttori di questa isola dell’Egeo custodivano gelosamente e che rendeva questo vino particolarmente aromatico e gradevole.
Ma qual era il segreto?
Le uve immerse nel mare perdevano la pruina più rapidamente facilitando il susseguente appassimento al sole ed il sale riusciva a penetrare in minima parte la buccia, donando poi al vino una piacevole salinità.
Questo particolare procedimento è lo stesso che Arrighi ed il professor Scienza, nel 2018, hanno deciso di seguire per sperimentare e riscoprire un metodo alternativo di fare vino.
Dopo il periodo passato in immersione, il passaggio successivo consiste nel vinificare le uve in anfore di terracotta.
La presenza di sale nell’uva ha inoltre un effetto antiossidante e disinfettante, il che ha permesso di provare a non utilizzare i solfiti. Da Arrighi sono arrivati a produrre, dopo un anno in affinamento in bottiglia, un vino estremamente naturale e molto simile a quello prodotto 2500 anni fa.
Il metodo utilizzato da Arrighi all’Elba però non è l’unico in Italia, mentre il sistema da lui utilizzato sì. Le aziende che hanno scelto il mare come compagno per i propri vini nelle prime fasi del loro cammino, infatti, sui fondali posizionano le bottiglie di vino durante l’affinamento, con periodi in “apnea” che possono variare da uno a vari anni.
Utilizzare il mare come cantina in cui affinare il vino ha alcuni indubbi vantaggi, quali la temperatura ed un tasso di umidità costanti (ottenuta in modo naturale e non con l’ausilio di macchinari) un inquinamento luminoso scarso (talvolta assente, a seconda della profondità), la mancanza totale di ossigeno.
Quattro componenti che nel periodo dell’affinamento sono fondamentali, e la prova è l’impegno (anche economico) speso dalle aziende per ottenere livelli ottimali e costanti nelle loro cantine, mentre nel fondo del mare sono praticamente sempre presenti.
Le aziende che affinano una parte della loro produzione in mare sono varie e sparse lungo lo stivale: si va dalla cantina Santa Maria La Palma (Alghero) a Bisson e Kottakis in Liguria, Tenuta del Paguro (Ravenna) e la già citata Arrighi dell’isola d’Elba.
Ma non è solo in Italia che si utilizza il mare come “cantina”: in Grecia troviamo Gaia Wines (Santorini), in Spagna Crusoe Treasure (Paesi Baschi), Edivo Vina in Croazia, Bodegas La Grieta a Lanzarote (Canarie).
Un binomio, quello tra mare e vino, che non smetterà mai di appassionare e che stimolerà sempre la nostra curiosità, perché anche se il vino nasce dalla terra, può evolvere in mare, trovando nell’acqua l’ambiente ideale per affinare ed evolversi.
Ecco alcuni vini “sottomarini” trovati online:
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In copertina: Nesos, il vino marino di Arrighi